Focus on

Profondi respiri di
valore non quantificabile

di Martina Stanga

Le Alpi Apuane

Sono boschi di castagni, faggete, valli selvagge, marmo, grotte carsiche, bivacchi nascosti e dai nomi antichi. Sono Terre Alte che abbracciano Mare e Appennino, vie commerciali e ferrate, cave di epoca etrusca.

Perché Alpi se Alpi non sono?

Le Apuane abitano l’Appennino toscano ma sono vivide le somiglianze con le Dolomiti. Con il loro profilo aguzzo esplodono verso il cielo arrivando a sfiorare quasi 2.000 metri. Il Monte Pisanino e il Pizzo d’Uccello svettano tra tutte le cime. Il marmo bianco che, quando il sole scalda la terra, non si può far altro che chiudere gli occhi e indossare occhiali scuri: la luce rimbalza sulla preziosa roccia albina. Non è naturale, la nudità della montagna che scopre il marmo non è naturale. E’ opera nostra da più di duemila anni, quando abbiamo iniziato con le escavazioni. Siamo partiti con strumenti semplici e rudimentali fino ad arrivare oggi a macchinari grandi e infernali, rumorosi e disturbanti. Impossibile non vederli, non sentirli questi camion, gru e trattori. E’ un’operazione a cielo aperto che lì rimane e rimarrà, per sempre indelebile. La montagna è fragile e nuda davanti a pioggia, vento, sole, intemperie. Di fronte a tutto questo ci sentiamo piccoli, quasi sbagliati, perché responsabili. Meraviglia e senso di colpa affiorano spontanei perché le abbiamo sventrate noi queste Apuane. Ma c’è anche qualche bella notizia: in quanto camminatori siamo stati in grado di rispettarle almeno un po’. Nascosti qui e là ci sono opere di cui andare fieri, avamposti silenziosi grazie a cui esplorare la montagna. Sono tanti i sentieri e i rifugi che la costellano. Sul versante occidentale c’è il Nello Conti, rivolto al Tirreno, che è un punto tappa della Via Vandelli, l’antica strada commerciale che da Modena arriva a Massa. Venne costruita per attraversare l’Appennino Tosco-Emiliano: 170 km fino al mare. Al Passo della Focolaccia si trova un altro avamposto, questa volta però autogestito: è il Bivacco Aronte che da lontano sembra una latta aerospaziale.
Il Bivacco, rosso amaranto, salta all’occhio in mezzo al bianco delle cave e, con i suoi 100 anni di storia, è il più antico delle Apuane. Il nome giunge a noi dal passato catapultando gli avventori 2.000 anni addietro.
Aronte era un potente indovino divenuto celebre al tempo dei romani, oltre che per le sue abilità mistiche, perché conduceva una vita semplice, in montagna, meditando in una grotta.
Da Roma venne chiamato e lì si recò per fare il suo dovere e aiutare l’Impero. Ma il mitico indovino, sentendosi fuori posto, decise presto di tornare nelle sue Apuane, a casa, rinunciando a glorie e onori. Nel 1300, venne citato nella Divina Commedia: Dante Alighieri fantasticava immaginandolo nella sua spelonca perso tra montagna, mare, e stelle.
Non solo i rifugi, anche la sentieristica è rispettosa: c’è ma è rada e spesso scolorita. Questi cartelli bianco/rossi citano km e ore di percorrenza ma ben si mimetizzano nell’ambiente circostante. La sentieristica è importante anche se, in verità, basta alzare lo sguardo per distinguere forcelle e cime individuandola direzione da seguire. Non mancano passi e grandi vallate che quando viene sera regalano scorci mozzafiato. Tutto diventa silenzio e colore. Forse il più suggestivo, è il Passo delle Pecore che guarda al Tirreno, alla Valle Orto di Donna e all’omonimo rifugio. In lontananza, il Pisanino e il Pizzo d’Uccello si ergono fieri ai limiti della valle. Il Pizzo, con un po’ (tanta) immaginazione, ricorda i lineamenti e la silhouette del Monviso.
Da lassù… “toc toc toc toc”. Sono sassi che rotolano: sulla cresta le capre sfidano la roccia per contendersi fiori e fili d’erba. Arriva il tramonto e allora tutto torna a tacere, anche gli animali. In alto, le nostre teste, il cielo è terso mentre in basso un lenzuolo di nuvole copre la vallata e nasconde il mare, solo qualche km più in là. La valle è velata ma le creste no, le cime no. Escono dalle nuvole e il sole le colora. Tutt'intorno pennellate rosa, rosse, azzurre, poi grigie quando si fa tardi. Il mare non c’è, ma poco importa. Anzi, forse è meglio così. L'atmosfera di questi “Monti Naviganti” dà le vertigini e basta per soddisfare la nostra voglia di orizzonte.